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Le TRE VITE NELL’ETERNITA’ DEL SUONATORE JONES 


di Corrado Barbieri


1938 . Fernanda, “ Nanda” Pivano, futura scrittrice, traduttrice e critica letteraria, al liceo classico Massimo d’Azeglio di Torino ha come insegnante di lettere Cesare Pavese e gli chiede la differenza tra la letteratura inglese e quella americana. Pavese le darà da leggere quattro opere in versione originale, in quel momento proibitissime dal regime : Addio alle armi di Hemingway ( che aveva tradotto clandestinamente), Foglie d’Erba di Walt Whitman, l’autobiografia di Sherwood Anderson e L’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters.
E’ quest’ultima che la fulmina. E’ del 1915, parlano le anime dei defunti sepolti in un cimitero di un paesino dell’Illinois, gente comune, che senza più le remore della società e dell’educazione possono esprimersi in assoluta libertà, rivelando  il loro pensiero sulla vita, sui propri errori e vizi, sugli accadimenti degli umani in quel luogo. Un libro che non cesserà di affascinare tutto il mondo per generazioni.
Nanda ne inizia la traduzione, e alla pubblicazione, per Einaudi e sotto la guida di Pavese, nel 1943 incorre nelle ire del regime, che come sappiamo infieriva sugli autori di ogni pubblicazione che esprimesse in qualche modo il concetto di libertà. Conosce il carcere, anche se per breve tempo.
Nel dopoguerra il libro è un best seller che diventa popolare anche presso le giovani generazioni, e ancora di più negli ambienti artistici. E’ la seconda vita per l’opera di Masters, che la Pivano ha tradotto piuttosto liberamente, dandole quell’ulteriore tocco magico che i grandi traduttori sanno dare anche alle grandi opere.
Il quindicenne  Fabrizio De Andrè e’ fra coloro che captano tutto il fascino e la forza  poetica della raccolta, e quando diverrà amico di Nanda nasce quasi inevitabilmente l’idea di un album con quelle poesie-canzoni, formula che gia’ da qualche anno ha fatto  di Faber un artista unico .

1971 . E’ la terza vita per Spoon River, ripresa dalla traduzione di Nanda con gli ulteriori, straordinari adattamenti di cui Faber e il suo team sono maestri.  Sara’ il contenuto dell’album discografico che porta forse il titolo più bello tra le tante opere  di De Andre’, “ Non al denaro non all’amore né al cielo “ . 
I nove soggetti dell’album  sono stati scelti col criterio di riferimento a due tematiche, l’ invidia e la scienza. In ognuno, altrettante anime di personaggi raccontano in prima persona la loro storia. Canzoni-poesie che sono anche una sorta di architettura del pensiero, illuminate da un purissimo senso dell’estetica.
Pur essendo l’album che contiene la famosa “ Un giudice”, che così’ bene ha inquadrato per prima le motivazioni e l’essenza  della scelleratezza di cui e’ così spesso dotato  chi e’ delegato per legge  a giudicare altri uomini, qui ci focalizzeremo sul brano-poesia che e’ il più’ bello e affascinante, “ Il suonatore Jones”,  che chiude il disco e che Nanda nella sua versione ha chiamato, con fedeltà all’originale, “ Il suonatore di violino Jones” . Un brano che dal punto di vista musicale ha avuto difficoltà a nascere, e che è’ stato possibile realizzare grazie all’apporto di Nicola Piovani, musicista colto e creativo, che gli da’ la struttura musicale in 6/8 detta Siciliana, il cui uso risale al 700.
Come tutti gli altri personaggi il suonatore Jones e’ un uomo comune, che è scomparso a novant’anni, e la cui splendida peculiarita’ e’ di aver suonato solo per passione.
Ma le ispirazioni di Faber sappiamo che vanno oltre, e nei testi appaiono immagini e suggestioni che portano a tutto un mondo legato alla storia della musica, nonché a se stesso.  

In un vortice di polvere
Gli altri vedevan siccità
A me ricordava 
La gonna di Jenny
In un ballo di tanti anni fa
Faber ricorda il capostipite di tutti i chitarristi cantastorie moderni, Woody Guthrie, che prese le mosse dalla grande depressione americana degli anni Trenta, nel bel mezzo delle devastati tempeste di polvere provocate dai campi non irrigati, che resero esuli verso la California popolazioni intere.

Nei campi coltivati 
a cielo e denaro 
A cielo ed amore
Protetta da un filo spinato
Viene inquadrato di nuovo il paesaggio e la condizione  di quegli anni terribili per migliaia di persone 

Libertà l’ho vista svegliarsi
Ogni volta che ho suonato
Per un fruscio di ragazze a un ballo
Per un compagno ubriaco 
E qui salta fuori il tema principe di ogni canzone di De Andre’, che come sempre prende di petto : la libertà. Un afflato  che non manca mai nelle sue opere, con l ‘ effetto su chi legge o ascolta di una folata di vento salvifico. Una sorta di respiro vitale per l ‘ uomo.

E poi se la gente sa
E sa che sai suonare 
Suonare ti tocca per tutta la vita
E ti piace lasciarti ascoltare
Qui Faber vede se stesso in quella sorta di alter ego che e’ Jones, e ci trasmette l’essenza di chi suona per passione, non per mestiere, che e’ altra cosa  : in sostanza farsi pagare sarebbe come seppellire la libertà. Tutti gli chiedono sempre di suonare dal momento che lo sanno, non può sfuggirne, e lui che suona gode alla fine di chi è stato ad ascoltarlo. De Andre’, dopo aver suonato la canzone per la prima volta alla Pivano, le chiede se la vuole risentire! 

Finii con i campi alle ortiche 
Finii con un flauto spezzato 
E un ridere rauco 
E ricordi tanti 
E nemmeno un rimpianto
De Andre’ confesserà che il suonatore Jones e’ stato il personaggio più difficile in cui calarsi, anche se chi scrive ora ha avuto la fortuna, con l’amico Tuni, anch’egli suonatore e chitarrista, di vivere la realtà di questo tipo di personaggio : il suonatore per passione vive di questa sua passione e non ha desideri materiali ; i problemi quotidiani, della famiglia, dell’amore, del cielo, non lo interessano, la vita per lui è come un gioco, ha  tanti bei ricordi, di persone felici per quella musica, perché aveva suonato e quindi suscitato in loro ciò che poteva muovere il loro animo. Jones ha vissuto serenamente , e soprattutto non ha rimpianti, un dono enorme . 

 


 
   
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