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QUELL' URLO INUSITATO


 

Di John Milner

Era una cosa assolutamente nuova per l' Italia, che non era uscita poi da tanto dalla guerra, e dei Caraibi probabilmente aveva sentito parlare solo a scuola, quando i professori di geografia parlavano della corrente del Golfo...

Un giorno si ascolto' dai ragazzi un urlo che ai meno giovani sembro' un nonsense " Day-O, Day-O ", ma in pochi giorni il disco, a 78 giri, siamo nel 1956, aveva preso piede in ogni contesto giovanile e il Calypso caraibico era arrivato anche in Italia, ad opera di un cantante dalla voce straordinaria, metallica, nitida al bisogno dolce , Harry Belafonte. Bellissimo uomo nativo della Giamaica non tardo' a far breccia in campo femminile, mentre i ragazzi ripetevano quello strano bisillabo, che ad altro non era ispirato se non ai canti dei lavoratori addetti a caricare le banane nei porti di quelle isole.
Certamente non era un ritmo ballabile secondo le tradizioni del tempo, e ognuno si arrabattava in questo senso come poteva. Pero' l'ascolto era piacevole e forte la suggestione di un ritmo nuovo ed esotico.

Belafonte fece ben presto seguire a " Banana Boat Song " ( questo era l'esatto titolo del brano Day-O ) una serie di altre canzoni che richiamavano i suoi luoghi d'origine : " Matilda ", " Jamaica Farewell ", " Round the Bay of Mexico ", tutti ritmati in modo piacevole, centrati, e nel contempo si dedicava alle altre due importanti attivita' che lo hanno caratterizzato, il cinema e l'impegno civile per i diritti dei neri negli USA.

Incideva pero' album anche di musiche non caraibiche, canzoni che era in grado di rendere penetranti per quella sua capacita' di esprimere sentimenti forti, di dolore, di amore, o di nostalgia. Basta ricordare la sua versione superba del motivo irlandese " Danny Boy " oppure la lentissima " Suzanne " .


 

 

 

 

 

 

 
   
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