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QUANDO UNA CANZONE E’ PER LA VITA


di Mike Porter


Afghanistan, 1982. Era l’ultima vampata della Guerra Fredda. I russi quando mettevano in moto i carri armati innescavano sempre le paure dell’Occidente, anche se oggi, per molte ragioni, può far sorridere.
Ma su quel terreno non c’era proprio nulla di cui sorridere, proprio niente. Io ero Capitano nelle forze speciali e ci preparammo per una missione segreta di penetrazione in quel territorio, dove già stavano operando dei nostri elementi dell’Intelligence. Proprio nel quadro di quelle missioni un nostro maggiore si era rotto una gamba tra le montagne, era imperativo come prima cosa non far sapere che c’erano americani in Afghanistan, e quindi salvarlo, nonostante le indicazioni del luogo ricevute via radio fossero sommarie. Non poteva cadere in mano ai russi, o a una delle tante bande di tagliagola che in quel paese abbondavano da secoli. Il mondo era ancora in pieno clima di confronto tra i blocchi, la cattura di un militare americano avrebbe significato dare ai russi un pretesto per soffiare sul fuoco della propaganda e creare una tensione internazionale assolutamente da evitare.
Il piano era di raggiungere a piedi il luogo, rendersi conto della situazione e darsi appuntamento con un nostro elicottero per il prelevamento in un luogo adatto e soprattutto nascosto.
Eravamo in sei, partiti dal Pakistan con destinazione le fredde e brulle montagne dell’ Afghanistan meridionale, in missione rescue del Major X.
Una marcia lunga e faticosa. Superata una cresta, appena spuntati in vista del vallone sottostante, ci si paro’ davanti un centinaio di Mujaheddin...o forse erano banditi?....la gente non sa che da quelle parti, il predare e’ atavico, e il distinguere da che parte sta chi hai di fronte e’ esercizio molto difficile...
L’ordine ai miei uomini fu di apparire tranquilli, ben intenzionati, ma di aprire le giacche a vento in modo da mettere in vista le pistole HP e le mitragliette che avevamo sotto. Ogni scontro andava evitato. Andammo quindi incontro agli afghani ostentando disinvoltura. Salutai e sorrisi all’ individuo che stava venendo verso di me.
Qualche parola in inglese la sapeva, ma prima che iniziasse a fare domande lo precedetti, sfilandomi l’orologio dal polso e offrendoglielo in dono. E così’ fece un altro di noi. Saluto’ e se ne andarono. Sospiro di sollievo.
Mandai una pattuglia in ricognizione oltre una cresta e torno’ dicendo che una colonna di carri russi procedeva proprio nella nostra direzione. Era necessario allontanarsi al più presto prendendo una diversa direzione e anche nascondersi alla vista di ogni eventuale pattuglia russa in ricognizione. Cosi’ facendo ci allontanavamo dalla nostra presunta meta, rischiando seriamente di perderci, mentre ormai calava il buio. Si imponeva trovare un nascondiglio per la notte e contattare via radio la base per metterli al corrente della situazione. Intanto si udiva ancora chiaramente lo sferragliare dei carri russi dietro l’altura che avevamo superato. Trovammo una sorta di grotta dove nasconderci e iniziammo i contatti radio .Nessuna risposta. Provammo e riprovammo, per ore. Forse era la posizione che non consentiva un contatto, incassata tra le rocce, e fummo presi tutti da un’ ondata di sconforto, anche perché non capivamo ancora se ci eravamo perduti. Il tempo passava e mi chiedevo in continuazione quali fossero le reali condizioni del Major X.
Notte fonda. Alla radio, ancora accavallarsi di disturbi e spezzoni di trasmissioni in lingua per noi incomprensibile.
Poi, nitida, “ Me and Bobby McGee” cantata da Kris Kristofferson, da una stazione USA !
“ Busted flat in Baton Rouge...
but I’d trade all my tomorrows for one single yesterday...”
Le prime parole mi portarono a casa, l’altra strofa come sempre tocco’ il mio animo. Svanì’ ogni ansia, era come essere salvi! E lo fu anche il Major X, perché la missione procedette con successo.
Quella fu destinata a restare per sempre la “ mia “ canzone!

 

 
   
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