C’e’ una sorta di magia in quest’opera di Dino Risi, regista che dopo essere stato considerato “ minore” dalla cricca oggi inaccettabile degli “ intellettuali” di quegli anni e dei 40 successivi, mostra tutta la sua statura artistica.
Iniziando dal basso, cioè dal sottofondo, c’e’ la colonna sonora che impreziosisce la pellicola con le canzoni dell’epoca, e che riflette tutta la spensieratezza del momento, il boom economico italiano, che non era solo scoperta del benessere ma l’ inizio per la nazione della modernita’. Era il 1961, un anno fatidico, perche’ lo si puo’ considerare il culmine del periodo, quello in cui la gente avrebbe preso coscienza di molte cose, e proprio il cinema sarebbe stato motore e vetrina di un cambiamento epocale di rilevanza assoluta.
L’essenza dell’opera e’ costituita proprio dall’ aspetto che oggi può sfuggire perché scontato, cosi’ evidente da non essere notato nella sua importanza anche se tutto vi ruota attorno, la diffusione dell’automobile a livello delle masse. Una risposta per tutte può essere data naturalmente dall’avvento di un rinnovato senso di libertà, ma nei suoi aspetti più legati al quotidiano e al comportamento umano nel suo intimo : la possibilità’ di scegliere tra una vita “ stanziale” o una sorta di moderno nomadismo, lo sfogo tramite quel mezzo di pulsioni immediate e recondite, la strana ebbrezza della velocità, il rapporto tra la mobilità e lo status sociale, la necessita’ delle disinibizioni, vi e’ perfino un rapporto dell’auto con l’amore nelle sue varie forme. E al centro di tutto questo troviamo un Gassman che sara’ ricordato per sempre per questa interpretazione, e non per le sue pur eccezionali performances nel teatro drammatico, e il timido Trintignant, dalla futura brillante carriera. E’ inoltre un’ occasione unica per vedere un’immagine irripetibile, come neanche certi eventi astronomici lo sono: una Roma stupendamente deserta nel giorno di ferragosto, direi per un’ultima volta Caput Mundi.
Anche se noi siamo stati forse gli ultimi in occidente a ricevere l’impatto di questo fenomeno, oltreoceano verificatosi decenni prima, per giunta in un popolo già mobile e irrequieto, in Italia e’ stato vissuto con un sentimento entusiastico che si situa tra il romantico e il trasgressivo. Col senno del terzo millennio, non ci sono dubbi che fu l’ultimo evento che cambio’ una società destinata in futuro all’immobilismo e infine all’annichilimento informatico, che e’ poi l’esatto opposto di ciò che accadde con l’avvento dell’automobile.
Lo straordinario “ Sorpasso “ e il suo picco artistico sono per fortuna li’ a ricordarcelo, come una indistruttibile pietra miliare, in questo svaccato terzo millennio.