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QUANDO NELL'ARTE LA MATURITA' BATTE LA PERFEZIONE
Il concerto a Roma di Simon & Garfunkel del luglio 2004



 

di Corrado Barbieri


In questa stessa sezione, con piacere, nostalgia e un senso di amicizia ( si' perché quando si amano degli artisti, si sentono amici, non importa non averli incontrati di persona, si possono incontrare tutti i giorni ascoltando le loro performance, e stabilire un feeling umano oltre che artistico con cui si sentono vicini ) si e' parlato dello storico concerto da mezzo milione di spettatori che Simon & Garfunkel tennero al Central Park nell'ormai lontanissimo 1981. Una performance in cui l'entusiasmo del pubblico raggiunse punte mai toccate prima, qualcosa di totalizzante, di perfetto. Una esibizione, poi registrazione, ascoltata e riascoltata mille volte negli anni.
Trascorsi vent'anni, che in una vita non sono pochi, la coppia di geni, dopo anni di saltuari rapporti, si riunisce e decide per un tour mondiale, un tour che rinverdisca i loro motivi, i loro successi passati e ne presenti qualcuno nuovo, in un incontro , che potrebbe essere anche l'ultimo, con un pubblico vastissimo. Un tour con un titolo che vuole significare la riunione tra due amici dopo venti anni di alti e bassi nei rapporti per ragioni varie, Old Friends : Live on Stage, un titolo studiato per i media, necessari alla promozione e per quella parte di pubblico un po' in cerca di simboli.
Gli artisti mostrano il segno del tempo, nel fisico, nell'espressione dei loro visi, nel look generale, mentre il copione viene inframezzato da scambi di battute e abbracci tra i due amici, per rispettare il titolo e marcare l'evento col crisma dell' amicizia . Ma in quella riunione c' e' di piu' della nostalgia, del piacere di riascoltare due grandissimi artisti e di celebrare la loro amicizia di vecchia data. C' e' la loro arte in quel momento esistenziale, maturata di ben venti anni unitamente a un'accresciuta umanita', fattori profondi che vanno a influire sull'espressivita'.
Se New York entusiasmo' perche' fu una performance superiore a tutte le precedenti, perche' Paul e Art erano nel pieno delle loro possibilita' canore, nel pieno della vita e del loro appagamento per aver visto riempirsi il Central Park e trovarsi davanti mezzo milione di persone, a Roma, con nuovi arrangiamenti musicali e una nuova orchestra che li supporta, spesso con uscite inaspettate e inedite, le loro voci, pur piu' smerigliate, meno potenti e nitide, ci investono con una carica di espressivita' tale che in pratica tutti i brani eseguiti sono una fonte di emozioni.
E' l' evidenza dello spessore che gli esseri umani piu' sensibili e dotati acquisiscono verso l'autunno della vita, un momento di innegabile unicita'.
Apre il concerto il brano cover " Old Friends ", un pezzo lentissimo che si fonde pero' subito con " Bookends ", due sigle in una. Ma ecco che il ritmo rock di " A Hazy Shade of Winter " inizia a muovere la platea e si ha un primo assaggio del livello dell'orchestra sia con la chitarra di Mark Stewart che con la batteria di Jim Keltner.
" I Am a Rock ", uno dei primi brani , che fu registrato nell' ormai lontanissimo 1965, ci preannuncia lo spirito che pervaderà l'intero concerto e Paul Simon sfuma il pezzo in modo riflessivo, per preparare l'entrata altrettanto riflessiva di " America ", ballata composta da Paul Simon, che di una sua esperienza di viaggio in autostop attraverso gli States con la sua ragazza ha fatto un brano denso di storia e di significati. La chitarra solista di Larry Saltzman e' eccellente e il brano si chiude col coretto muto. " At the Zoo " che subentra e' uno di quei brani che inducono già il corpo a muoversi e il gesto di Paul Simon che con una mano alzata mima di suonare la tastiera della chitarra e' spontaneo e inusitato, ma c'e' anche il primo assaggio dell'ottimo piano di Warren Bernhardt.
Dopo il bel brano ritmato " Baby Driver ", Art posiziona il suo alto sgabello, solitamente segno che e' pronto per raccontare e introdurre un brano essenziale, in questo caso e' la romanticissima " Katy's Song " : formidabile il sussurro con la voce smerigliata dagli anni, mentre Paul arpeggia, ed e' inevitabile che la brezza emozionale inizi a percorrere chi ascolta. Dopodiche' i due friends ci raccontano con grande humour dei loro inizi e della loro amicizia, quando venivano soprannominati Tom & Jerry, e accennano " Hey School Girl " .
A questo punto la sorpresa del concerto e' l'entrata sul palco degli Everly Brothers, autentici padri artistici di Simon & Garfunkel, che purtroppo, e lo si era constatato in altre occasioni, hanno perso il sound magico che avevano nei loro anni verdi, e mostrano, tristemente per chi scrive, un inesorabile invecchiamento fisico e artistico che non permette di godere dei bellissimi brani che furono i loro cavalli di battaglia, come il dolcissimo " Is Dream " e il loro ritmato inno " Bye Bye Love " cantato in finale assieme a S&G.
Non c'è molto tempo per le tristezze perché Simon attacca una delle canzoni piu' belle di ogni tempo " Scarborough Fair " ed e' inevitabile chiedersi chi mai potrà in futuro eseguire un brano del genere dopo di loro. Impensabile direi , ma cio' vale anche per tutto il repertorio ! E non e' difficile rendersene conto già con il successivo, splendido " Homeward Bound " , dove Paul usa ancora quel suo tono di voce riflessivo, mentre le due chitarre soliste dell'orchestra si esibiscono splendidamente, seguite dall'assolo di piano di Bernhardt.
Ma e' il momento fatidico che tutto il pubblico attende, quel " Sound of Silence " che non risparmia mai brividi ad alcuno, e che Paul introduce con un'apertura in assolo di chitarra. Commovente Art nel suo porgere questo gioiello assoluto, con un trasporto e un tono che piega sulla tristezza.
Sul megaschermo sopra il palco scorrono le immagini de " Il Laureato " e Paul già si dispone fisicamente, imbracciando la chitarra come fosse un'arma, per eseguire il pezzo che per primo rese noto il duo a tutto il mondo. Bellissimo il duetto di chitarre Paul Simon/ Mark Stewart, a cui poi si aggiunge tutta l'orchestra in un trascinante susseguirsi di break.
Tutti ascoltano e riascoltano sempre i brani più classici e noti del duo, ai quali pero' non bisogna mai scordarsi di aggiungere " Slip Slidin' Away ", un autentico capolavoro di controcanto e interpretazione, molto soft, che ci fa davvero scivolare via dalla realta' per andare nel sogno.
" El Condor Pasa" . All'appuntamento con uno dei successi dei primi album, Paul e Art si presentano con un approccio sobrio, senza preamboli o fronzoli, per poi far seguire la poco conosciuta in Italia " Keep the Customer Satisfied ", in cui brilla il solito eccellente piano di Bernhardt . La storia " The Only Living Boy in New York ", dai riferimenti autobiografici, e' eseguita in solo da Paul Simon, ma con il supporto leggerissimo del coro di Art e di altri dell'orchestra, e l'effetto e' splendido, una ballata dolcissima.
" American Tune ", sviluppato come linea melodica da una corale di Bach, non e' un brano musicalmente e vocalmente semplice, ma il duo lo affronta con la sicurezza di vent'anni prima, e il passaggio drammatico ...sognavo di morire....sognavo che la mia anima risorgeva inaspettatamente...e' affrontato con tocco commovente ." My Little town " con apertura del piano e' una sorta di relax per i due artisti ma anche una trascinante interpretazione della band prima del finale con i " pezzi da 90 ", il primo dei quali e' la sempre splendida " Bridge Over Troubled Waters " , autentico cavallo di battaglia di Art Garfunkel, che nello storico concerto del 1981 a New York la canto' da solo in modo credo insuperabile. Qui prende parte anche Paul, con il piano di Bernhardt, in una versione meno drammatica e più corale. Il finale pero' rimane suo, di Art, che emoziona come sempre, mentre il pubblico esplode con un lunghissimo applauso.
Le prima versione di " Cecilia " nell' album degli anni ' 60 era lungi dal fornirci l'entusiasmo e il desiderio di unirci agli artisti e alla band come fa questa, e tra il pubblico c'e' chi non può fare a meno di ballare, forse programmato, ma aldila' di questo, e' davvero l'effetto che fa su chi ascolta : non si può restare fermi, grazie anche a una strepitosa sezione ritmica con le percussioni di Jamey Haddad.
L' ho definito in un mio scritto uno degli inni di quella stagione eccezionale e irripetibile che furono gli anni ' 60 : e' " The Boxer ", come da sempre e come avviene in tutto il mondo, seguita col canto anche dal pubblico, assolutamente impossibile sottrarsi al quel lai-la-lai, inframmezzato con gusto artistico in questa recentissima versione dagli effetti elettronici eseguiti da Mark Stewart .... I am leaving, I am leaving but the fighter still remain.... E a questo punto chi non riesce ad emozionarsi ha perso una grande gioia nella vita!
" Leaves that Are Green ", ballata lievissima e poetica, precede il " Feelin' Groovy " (alias " The 59th Street Bridge Song " ), quando orchestra e pubblico si muovono come un' unica onda di canto lunga e nostalgica.
Pare che il pubblico abbia raggiunto anche questa volta il mezzo milione di persone, ma c'e' chi dice di piu'. Il concerto al Central Park lo troviamo in rete, ma questo al Colosseo e' su DVD,abbinato a due CD, un cofanetto per un' emozione ripetibile all'infinito !

 
   
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