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LETTERA A GEORGE MOUSTAKI


Di Corrado Barbieri

 


Si', ci hai dato molto, in termini di sensazioni di libertà e solo a
vederti, eri il simbolo inequivocabile dello spirito libero. E mi fai riflettere ora: pensa quanto sono tristi, cosa perdono della vita, quelli che sono imprigionati da tutte le umane brutture, come convenzioni, ipocrisie, superficialità, forma, perbenismi, legami insopportabili, venalita', ecc.
Tu ti presentavi in jeans e camicia, la chitarra, silenzioso, lieve, con quegli occhi che potevano essere al contempo penetranti o dolcissimi, “come il mare” dicevi nella canzone "Le metéque", Lo straniero. Il tuo canto, anch’esso lieve, portava subito un profumo di libertà, palpabile, di poesia, perché libertà e poesia sono sorelle.

Canzoni sommesse ma dal respiro vastissimo, che spaziava nelle esistenze di ognuno di noi: difficile non fermarsi a fare una riflessione e immediatamente riascoltare il brano.
Ma di tutte le tue canzoni la piu' emozionante per me è "Le temps de vivre". Rivolgendoti a una lei, dici “noi prenderemo il tempo di vivere, d’essere liberi, amore mio… senza progetti, senza abitudini noi potremo sognare le nostre vite…” già poche parole che ci spiegano da dove comincia la strada della felicità.
Bellisimo pero' anche come ti rivolgi a Giuseppe, “Mon chére Joseph…” gli dici, che tra le figlie di Galilea hai scelto la più bella, Maria. Poi, non potevi non concludere i tuoi ultimi anni senza aver composto "Ma libertè", un brano - firma, un brano suggello.




 
   
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