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La riscoperta di Hilma af Klint E il ritmo vertiginoso dell’evoluzione artistica
Torniamo per un momento alla mostra di Parigi degli Indipendenti, 1874, quando la pittura impressionista, gia’ in vista da dieci anni, da’ come tutti sappiamo enorme scandalo. Da li’ si passa velocemente al post-impressionismo, al divisionismo, a Vincent Van Gogh, a Gauguin ( artisti unici e forse insuperati e insuperabili per forza e visioni ) . Poi il sentire dell’artista innesta una marcia ulteriore con i Fauve, i Nabis, mentre nel 1896 Munch ha gia’ scioccato il mondo. Picasso e’ intanto in fase di riflessione e Klimt opera la secessione. Sono trascorsi da quello scandalo, che a quel punto sembra distante anni luce, solo circa trent’anni, e la storia ci dice che nel 1911 arriva Vasilij Kandinskij con i primi due dipinti astratti.
É difficile non provare un senso di vertigine in questa esplosione di creatività, una vertigine che proviamo sul bordo del gorgo vorticoso e senza limiti dell’umano sentire e della sua necessita’ di espressione. Una vertigine che suscitera’ stupore proprio ad ogni apparizione di una nuova forma di espressione, e che ha impegnato gli storici dell’arte in un autentico tour de force di considerazioni, giudizi e contro-giudizi attraverso tutto il secolo scorso!
E siamo al 2020. Il detto anglosassone “ endless the track, endless the search “ non é mai stato piu’ vero, e vale anche per la ricerca nel campo dell’arte. Infatti, nascosta dall’oblio e forse da colpevole indifferenza, ci appare Hilma af Klint ( 1862- 1944 ), che nel centro di Stoccolma, nel 1906, a pochi passi dal salone dove esponeva Munch, dipingeva opere astratte , rivoluzionarie, di assoluta rottura con ogni schema precedente. L’artista che e’ conscio di essere decisamente avanti con i tempi non si palesa anche per lungo tempo : é un sentimento doloroso, urtante, non essere compresi, apprezzati . In quel frattempo tuttavia esso approfondisce la sua visione con la riflessione e spesso con gli scritti. Nel caso di Hilma af Klint siamo addirittura in presenza di uno studio pressoche’ monumentale, articolato in sette cahier per complessive 26.000 pagine, in cui l’artista attesta e documenta l’abbandono da parte sua della figurazione. Si tratta di testimonianze di straordinario interesse, forse proprio ciò che mancava allo storico dell’arte per un giudizio piu’ sereno e definitivo sull’ arte astratta .
É attraverso queste pagine che troviamo la motivazione delle visioni artistiche di una pittrice di inizio Novecento che in realtà si evolve molto rapidamente . Da esse comprendiamo come la parola astrazione, che puo’ avere il significato semplice di astrarre da qualcosa, piu’ facilmente dalla natura ad esempio, ha anche un significato ben più complesso e spirituale che fa della pittura un medium, non in senso modernista, ma in quello medianico.
Per Hilma la pittura é il modello piu’ perfetto per raggiungere una struttura universale con cui esprimere verita’ infinite, senza ostacoli di disegni preliminari, ritocchi o pentimenti. C’e’, in Hilma, una missione di esplorazione da compiere, in un mondo altro, in cui non vigono le regole del pianeta terra. Insomma, in un mondo invisibile.
Per meglio comprendere tutto questo e’ indispensabile sfogliare i suoi cahier, oggi raggruppati in altrettante belle edizioni, suddivise come segue :
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Abbiamo parlato di vertigine, e quando un artista correda la produzione di una vita con una tale mole di scritti , diventa una vertigine pilotata, un lungo viaggio attraverso un’anima creatrice, restata nell’ombra per un secolo.
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