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Lettera a Kirk Douglas, il piccolo Issur


 


Di Corrado Barbieri

 

Il piccolo Issur Danielovitch. Eri tu, bambino ebreo appena giunto dalla Russia, come ti definisti in quella tua corposa, bellissima biografia, quel tomo degli anni 80 che mi e’ caro come pochi altri libri. E infatti, da sempre avevo desiderato saperne di piu' di te, precisamente da quando mi colpisti da ragazzo, nel film “ L'uomo senza paura “ ( Man without a star )del 1955, un western tutta azione e desiderio di libertà, dove univi la simpatia all'abilita' con i pugni e con le armi. Eri tu che suonavi il banjo e cantavi, un pezzo orecchiabile e ironico, poco conosciuto in Italia. Pero’, a parte i momenti “ leggeri” era anche un western con quel taglio probabilmente visionato da Sergio Leone, per certe sue scene, per certe trovate già un po’ estreme. 
I giovani ti avevano pero’ gia' incontrato, sempre in una parte dai risvolti piacevolmente ironici, nello stupendo film-romanzo prodotto da Disney “ Ventimila leghe sotto i mari “, dove mettesti in evidenza tutto il tuo multiforme talento. La pellicola alterna infatti, a differenza del romanzo di Verne, momenti ironici a momenti drammatici, ed era già sorprendente quel tuo passaggio da un atteggiamento ad un altro in modo così naturale, equilibrato, perfetto. 
Poi ci fu “ Ulisse “, e tu, per moltissimi giovani e per la storia del cinema, sei restato Ulisse, quello che non si scorda, con un fisico incredibile, al confronto del quale gli Ulisse successivi sembravano rachitici! 
Gli adulti avevano pero’ gia’ visto, tra i primi apparsi in Italia, quel tuo film tragico, “ Il grande campione “, dove impersonasti Midge Kelly, un pugile arrivista e cinico che a un certo punto si sente invincibile e muore sul ring finendo sconfitto, con una maschera di sangue e una smorfia di dolore mostruosa. Infatti era proprio lì’ la tua forza, nel sapere assumere espressioni del viso super drammatiche, super cattive come super disgustate dalla vita o dagli uomini. Poi, bastava un nulla, quel sorriso accattivante che metteva in maggior evidenza quella tua fossetta del mento, per far apparire la tua magnetica simpatia, quella che faceva innamorare le donne e spingeva gli uomini a scegliere sempre un film dove c’eri.
Ed ecco “ Sfida all’ok Corral “ dove costituisti una delle coppie del cinema più centrate e godibili ( 7 film assieme), quella con Burt Lancaster, tu nel ruolo difficile di un Doc Holiday creato ad hoc secondo una fumosa leggenda, tisico, giocatore, spietato con la pistola, ma ineffabile gentiluomo e leale sfidante di turpi individui. Ti dettero in Italia la voce di Paolo Stoppa, non calda e simpatica come quella usuale, ma più drammatica, e ti ando’ a pennello ! 
Fosti l’idolo di chi amava i film d’azione interpretati da protagonisti intensi, e tu caspita se lo eri! Tanto che nelle parecchie commedie romantiche in cui recitasti, per contrasto si aveva l’impressione che fossero lavori all’acqua di rose, nonostante fossi all’altezza della situazione. 
Passando per film come “ L’asso nella manica” dove l’ atteggiamento cinico che quella storia ti aveva assegnato fece scalpore, a “ Orizzonti di gloria” in cui peroravi in modo commovente una giusta causa antimilitarista , al più’ che drammatico colossal storico con risvolti brutali come “ Spartaco “ fino a “ Gli eroi di Telemark”, pellicola senza un attimo di tregua , si arriva ( anche se la cronologia esatta non e’ questa) , al culmine, al tuo capolavoro assoluto, epocale, “ Lust for life “ , Brama di vivere, quella biografia di Vincent Van Gogh diretta da Vincent Minnelli che ha toccato le vette assolute dell’arte cinematografica attraverso la tua interpretazione. 
Beh, su Vincent, sul suo genio, sul suo carattere imprevedibile, ora tenero, ora violento, sul suo sfiorare la pazzia, si discute e si scrivono libri in continuazione, e ciò da’ la misura di quale impegno dovesti affrontare. Con il pericolo, in cui immancabilmente cadesti, di calarti così tanto in quella parte iperintensa e interiorizzata, da poterne uscire solo con l’impegno altrettanto difficile di uno psicologo. Kirk, ma che Vincent che fosti! Eri lui, in tutto e per tutto, e ci desti un’idea reale, oggi sappiamo fedele, dell’esistenza disperante del grande artista, quella che senza un film come quello e una interpretazione come la tua non sarebbe stato possibile raccontare al pubblico. Assolutamente d’obbligo glissare e passare oltre rispetto a tutti gli altri tentativi negli anni duemila di ricostruire un Vincent Van Gogh credibile, nonostante il sincero impegno di interpreti di prim’ordine e la buona volontà di registi e sceneggiatori. 
La tua filmografia é in realta’ smisurata e se molti titoli tendono a sfuggirci per rimanere nella fascia piu’ anonima dei lavori, come accade per ogni altro grande attore, la semplice tua presenza ha rappresentato sempre una valenza in piu’, il motivo per vedere un film : le sensazioni, belle, brutte, violente o dolci che fossero, le assicuravi.

Credo sia bello concludere con un invito a chi legge di cercare in rete il numero di ballo e canto in cui vi esibiste tu e Burt alla manifestazione degli Oscar 1958. Viene giocoforza da esclamare, irripetibili ! in ogni frangente.

 

 



 


 
   
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