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THE LONG HOT SUMMER


 


Di Corrado Barbieri

 

Una perla della decade d’oro del cinema, gli anni 50, quando imbattersi in soggetti di straordinari registi, in dialoghi di abili sceneggiatori, e nei lavori degli scrittori storici era frequente, cioè era normale incontrarsi con un’opera d’arte. In più’ c’era il technicolor, colori caldi, piacevoli alla vista ( dettaglio non da poco), non esasperati, e spesso la ciliegina sulla torta di una canzone composta ad hoc da grandi musicisti e interpretata da voci in voga al momento. 
Si potrebbe sintetizzare forse il tutto dicendo che sembrava un’epoca lontanissima dal terzo millennio e da quel pubblico infantilizzato e avulso da ogni desiderio di arte che sarebbe invece apparso dopo un lasso di tempo assai breve.
Con “ La lunga estate calda” si è in presenza di un regista sottovalutato e dimenticato, Martin Ritt, di un soggetto di William Faulkner e di dialoghi frutto di un lavoro di due sceneggiatori certosini, Irvin Ravetch e Harriet Frank Jr. 
Infatti, le novelle “ The long hot summer “ di Faulkner come storie erano piuttosto diverse dal film e fu necessario un difficile lavoro di adattamento, ne piu’ ne meno che un’ altra creazione . Ciò che veniva mantenuta era l’atmosfera, che e’ poi l’essenza stessa del film, quella che il genio di Faulkner poteva plasmare facilmente in fascino, ambientando quasi sempre le sue storie nel sud degli Stati Uniti.
Sembrerebbe di aver elencato elementi sufficienti per un’opera consistente, affascinante, ma bisogna aggiungere ancora il cast ! : un Paul Newman ( Ben Quick ) che stava esplodendo nel suo appeal giovanile, occhi blu che bucavano lo schermo, un Orson Welles ( Will Varner ) ormai attempato e appesantito ma di un talento letteralmente trabordante, e come brillanti pianeti attorno alle stelle, due personaggi bravi e piacevoli come Angela Lansbury ( Minnie ) e Anthony Franciosa ( Jody ), e una quasi debuttante che si sarebbe innamorata nella realta’ di Newman, sposandolo e formando con lui la coppia più inscindibile del cinema, Joanne Woodward ( Clara Varner ) . Ma meritano evidenza anche la fresca e sensuale Lee Remick ( Eula) e il quasi onnipresente a quei tempi Richard Anderson ( Alan Stewart) . 
Un cast che la regia e la sceneggiatura sembrano inserire in un incastro cosi’ perfetto che non resta vuoto nemmeno un minuto della vicenda.
Per quanto il sud degli Stati Uniti e la penna di Faulkner offrano sempre aspetti forti, motivi pregnanti, i personaggi rappresentano nella sostanza i caratteri più classici dell’umano : un padre estremamente autoritario, un giovane deciso a riscattarsi da una vita miserabile facendosi strada in modo spregiudicato, una donna timida e sensibile e i più deboli squassati dal vento dei personaggi forti.
Eppure non si finisce mai di godere delle uscite del prevaricatore Will Varner, delle risposte pungenti del presunto incendiario Ben Quick, e della difesa agguerrita di Clara Varner dalla pressione combinata di un pretendente spiccio e di un padre insopportabile. Il tutto magicamente intriso da sottintesi e ironie che costituiscono il filo conduttore di ogni dialogo. 
E il finale? forse inaspettatamente da bella favola ed e’ suggellato da una frase del padre padrone Orson Welles, che - ottenuta “ la sistemazione della propria immortalità” ( cioè avere nipoti ) riuscendo a far accoppiare la timida figlia Clara con lo sgambato ma improvvisamente rivelatosi sensibile Ben Quick - dira’, rivolgendosi all’ amante Minnie “…e non lo dicevo che quel Quick era fatto per la mia Clara ?!…la vita e’ veramente bella in questa sera d’estate , la vita mi piace ! mi piace talmente che potrei campare in eterno !! “.
C’e’ anche un sottofondo tematico sociale che Faulkner, da uomo del sud, non ha mancato di mettere in luce e che forse agli europei sfugge, il fenomeno dell’ascesa dei “ red neck “, della classe contadina, che in quegli anni si afferma economicamente a scapito delle vecchie élite borghesi.
La canzone romantica di apertura, con lo stesso titolo del film, e’ cantata da Jimmie Rodgers, che inserisce uno strano elemento di nostalgia, suggerendoci di rivederlo ad ogni estate !




 


 
   
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