Riconoscibile anche dal profano per la sua diffusione, per il soggetto facilmente identificabile al punto da sembrare banale, un bar, e per essere l'opera piu' famosa dell'artista americano Edward Hopper, Nighthawks é da considerarsi un dipinto storicamente fondamentale.
In primis potremmo fregiarlo del titolo di opera piu' rappresentativa della modernita', non con riferimento a stili ed esecuzioni artistiche, ma a quella trasformazione del mondo, verificatasi vicino alla metà del XX secolo, che segna uno stacco netto, potente, con il passato per cambiamento di abitudini, di percezione, di dinamica , di pensiero e di fisicita' dell’ intera società occidentale.
Impossibile non ricevere l'impatto del suo significato e dell'intento dell'artista, da sempre trasparente : la solitudine dell'umano all’interno della modernita'. Punto focale, l'atteggiamento dato dall'artista alle figure, che paiono ignorarsi, ciascuna immersa nei suoi pensieri, nelle problematiche esistenziali che sono la caratteristica del fardello che la modernita' stessa ha imposto all'umano, carico di nuove complessita' .
Ne scaturisce quindi l'altro elemento sensitivamente portante : l'incomunicabilita'. Nessuna delle figure umane presenti ha interesse a socializzare con l'altra, immersa come e' nel fluire dei propri pensieri, presumibilmente facenti fronte proprio a quella complessita' esistenziale, traducibile in difficolta' quotidiane, drammi interiori, dubbi, oppure semplicemente in problemi materiali o nella noia di vivere. Questo il messaggio forte ed evidente del dipinto.
C'e' pero' un altro aspetto su cui i critici e gli scritti in generale non hanno appuntato l'attenzione. E qui entra in gioco, fase ulteriore e piu' avanzata della modernita', l'era digitale. Ogni opera pittorica va da se’ che abbia un impatto diverso se osservata dal vivo, piuttosto che da quello, giocoforza riduttivo, di qualunque tipo di riproduzione.
Cio' non vale per Nighthawks, in grado di trasmettere quei significati, quelle sensazioni in ogni tipo di riproduzione, su stampa, su strumenti digitali, su video. Il tocco pittorico, la prospettiva, l’esecuzione di cose e persone perdono rilevanza, mentre sono il significato e la semplicita' della scena a colpire in modo del tutto naturale l'osservatore. Un miracolo dell'artista, che difficilmente vedremo ripetersi in altre opere e autori !
NEL DIPINTO
Hopper, che schizza sul suo fedele taccuino il soggetto e riporta sotto la scritta Nighthawks, Falchi della notte ( chi dice con riferimento al naso del personaggio di cui si vede il volto, ma non e’ certo, forse un’ispirazione momentanea ), trova il modo di rappresentare la solitudine su due fronti : l’essenzialità dei particolari e il contesto squallido, triste.
Il bancone e’ riprodotto con una vista assolutamente sobria e geometrica, e su di esso vi sono pochissimi oggetti, giusto qualche bicchiere, qualche tazza, un barattolo di zucchero. Le pareti sono del tutto spoglie, in evidenza due grandi contenitori di birra, una porta, forse della toilette.
Per rappresentare i personaggi Hopper ricorre alla sua immagine riflessa in uno specchio, e a quella di sua moglie Josephine, che descrivera’ l’inizio dell’opera in una lettera alla cognata Marion. Il barista, nonostante una maggiore espressivita’ del volto, é una figura tradizionalmente anonima, a cui la gente è quasi sempre indifferente, e da cui si attende solo di essere servita, un altro elemento su cui l’artista ha puntato per ricavare il vuoto, l’anonimato, sempre con l’obiettivo di materializzare la solitudine.
Del pari colpisce l’esterno, che riproduce uno dei classici palazzoni anonimi dell’epoca nella New York del 1942. A livello della strada, una vetrina o un ufficio o un negozio vuoti, un aspetto che notoriamente induce squallore e assenza di vita. Il tutto in una luce verde che contrasta con la luce piena e lo spazio all’interno del locale.
E qui non può che sovvenirci la lettera di Vincent Van Gogh al fratello quando spiega in che luce ha riprodotto Caffè di Notte e con che intenti. In effetti Hopper aveva osservato a lungo dal vero le opere degli impressionisti e post-impressionisti in un suo viaggio giovanile in Francia.
Nighthawks non e’ stato un dipinto eseguito di getto e Hopper impiego’ un mese e mezzo per ultimarlo . Lo vendette quindi alla galleria Rehn di New York, che a sua volta lo vendette poco dopo all’Art Institute di Chicago ( dove si trova tuttora), il cui direttore, Daniel Catton Rich, ne individuo’immediatamente il fascino e la valenza sensoriale.
Oggi sui siti che parlano del dipinto ci si lambicca su quale locale abbia ispirato l’artista, sbizzarrendosi in inutili ipotesi su luoghi newyorkesi, senza considerare l’universalita’ e il simbolo rivestito dal soggetto, così magistralmente e sensitivamente scelto da Hopper. Un bar di notte, non importa se nella grande metropoli americana o in una di quelle europee, o nella provincia, nell’Italia o nella Francia degli anni 40 e 50. La solitudine e’ la stessa, quella dell’umano nell’era moderna.