Catturare i sentimenti, stimolarli in mille varianti sensitive, sorprendere, appagare, sono le tante funzioni dell’arte. Chi riesce a innescare nell’umano che guarda questo meccanismo, e’ artista.
Non e’ importante definirlo con altri termini, certo, ci si prova magari la rete usando il termine “ illustratore “, che poi vorrebbe semplicemente dire che la sua opera e’ apparsa su qualcosa di stampato, o perche’ usa in parte gli attrezzi digitali anziche’ un pennello o una matita. In effetti artista, anche se in questione ce n’e’ uno geniale, e’ parola che nell’arido animo dell’uomo del terzo millennio stenta ad uscire.
Semplici considerazioni per introdurre un protagonista che ad avviso degli scriventi puo’ essere in grado di sorprendere come pochi nella nostra epoca, parliamo dell’inglese Charlie Davis.

Certamente non siamo in presenza di un pittore che concepisce le sue opere di getto. Se di getto c’e’ a suo dire l’ispirazione, tratta dalle cose più semplici, dalla visione di tutto ciò che ci circonda, e’ piu’ che evidente che per raggiungere risultati del suo tipo si impone uno studio preparatorio tecnicamente accurato e già non privo di ricchezza creativa.

Sia chiaro, cio’ non significa che l’artista concepisca matematicamente le sue immagini, che anzi mettono in evidenza con incredibile forza la sua capacità di farci vivere sensazioni straordinarie e impensate. Tutto inizia comunque, per ammissione di Davis, sulla carta, da dove poi prendono vita gli elementi visivi e grafici che costituiscono la forza prodigiosa delle sue opere: le luci/ombre, le sfumature e le linee, a volte sinuose, dolci, a volte assolutamente rette e marcate. Con la caratteristica precipua di mai appesantire le immagini. Se lo stile seguito e’ quello predominante dell’ultimo trentennio, Davis se ne discosta con l’uso di colori irreali che danno alle immagini un’ inevitabile impronta onirica, ed e’ il suo grande pregio e probabilmente il raggiungimento del suo intento!