Menu' Cinema
 

LETTERA A MARLON BRANDO




Di Corrado Barbieri





Marlon, un nome prima di te usato pochissimo, si chiamava così tuo padre, e poi diventato simbolo di una leggenda cinematografica, la tua. Si potrebbe riassumere la tua personalità con due semplici parole “incredibilmente intenso”: duro, delicato, ribelle, sensuale, istrionico, cupo, ironico, tormentato, e lo fosti in ogni circostanza, sul set sempre, come nella vita privata. E chi avrebbe potuto debuttare con un’opera così scabrosa per quei tempi come "Un tram che si chiama desiderio" se non uno come te?

Eviterò accuratamente, anche se li cito, di parlare dei tuoi ruoli di Vito Corleone nel Padrino e in Apocalypse Now, già contenenti il seme di quanto avrebbe caratterizzato il cinema americano dei decenni successivi, con personaggi pesanti, “ad effetto”, un gusto nato lì negli States. E naturalmente mi inoltro nelle interpretazioni che furono e sono, e penso sempre saranno, ai massimi nella storia del cinema, di quelle che vengono alla mente in ogni momento in cui, nella vita, nella storia direi, ricorrono forti sensazioni di dolore, di frustrazione, di disincanto, di rivolta. E proprio tirando in ballo la storia, credo che il film “I giovani leoni”, con quella tua interpretazione dell’improbabile, ma possibile ufficiale tedesco che via via comprende la portata della follia, del male, cui sta avendo parte, sia una pietra miliare al punto che, azzardo, il film, in un paese che intenda educare alla vita i propri giovani, dovrebbe essere proiettato in ogni scuola che si rispetti.

E qui non si tratta dell'opera nella pur ottima direzione di Dmytryk, ma della tua prestazione, direi unitamente al tuo animo, quello che ti ha visto indignato per la morte di Martin Luther King al punto di sospendere la tua attività per mesi, quello che ti ha visto non ritirare un Oscar come protesta per la condizione e il trattamento dei nativi americani, quello che ti ha visto partecipare alla Marcia su Washington con altri 250.000 per i diritti civili negli anni '60.
Le scene da ricordare in questo film, tratto dal romanzo di Irwin Shaw, sono tante: la tua espressione ingenua e assorta quando dici di essere convinto che Hitler darà un futuro ai giovani tedeschi; il rigetto che ti iniziava a subentrare quando in ogni occasione iniziò a mostrarsi il ruolo brutalmente repressivo dell'esercito tedesco verso le popolazioni; la scena orripilante quando ti viene ordinato di finire un soldato inglese che vaga accecato nel deserto dopo uno scontro; il disgusto che riesci a trasmettere quando ti accorgi che tutto ciò cui stai prendendo parte è ripugnante, distorto, fino al culmine dell’improvvisa consapevolezza di quanto accadeva nei lager.
Io credo che questo sia stato il tuo vero capolavoro, al quale naturalmente si affianca "Fronte del porto".

Come dimenticarsi di come Terry Maloy si rivolge a suo fratello, Rod Steiger nella parte di un gangster “Potevo diventare un campione. Potevo diventare qualcuno invece di niente, come sono adesso”. Un dolore che in particolare ogni giovane provò guardandoti, e che proverà sempre. Non si può sorvolare su questa tua capacità di trasmettere stati d’animo in evoluzione dalla riflessione, alla pietà, al disgusto e quindi al ripensamento e alla ribellione, un processo che costituisce l’essenza portante non solo dei "Giovani Leoni", ma anche degli "Ammutinati del Bounty", come pure di "Queimada" di Gillo Pontecorvo. Un carisma il tuo e un’abilità recitativa che hanno anche permesso ad alcune opere di conquistare fama e un posto nella storia del cinema che mai avrebbero avuto altrimenti.

Esempio più eclatante "Ultimo tango a Parigi" di Bertolucci, che, aldilà dello scandalo che suscitò con le sue scene e col suo ritiro dalle sale, sarebbe stato uno zero assoluto senza Marlon Brando. Ma qui non sei stato solo l'opera stessa, ma anche te stesso: il tuo sforzo emotivo fu importante ed evidente. Fosti così coinvolgente in quanto stavi in quel momento sentendoti alla deriva, come il personaggio interpretato, alla vigilia di un periodo di tormenti e decadenza. Soffristi di quegli insuccessi, soprattutto di critica, che seguirono, e ti mettesti in ombra. Ma avevi già dato così tanto, così tutto, che, aldilà della tua sofferenza, non credo abbia alcuna importanza.

 

 

 
   
  scrivi a info@corradobarbieri.com