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BRAMA DI VIVERE (Lust for life)

di Vincent Minnelli e George Cukor, con Kirk Douglas nella parte di Vincent Van Gogh e Antony Queen nella parte di Paul Gauguin.




di Corrado Barbieri




Sono poche le opere cinematografiche dedicate alle grandi figure della storia e dell'arte ad essere riuscite, nonostante ottimi registi e protagonisti. Brama di vivere è una di queste e il merito è da ascrivere a un grandissimo Kirk Douglas. Non credo infatti che altri attori, nonostante lodevoli tentativi a cui si è assistito, sarebbero mai riusciti a calarsi in una parte così impegnativa come la figura di Vincent Van Gogh con una interpretazione così intensa e totalmente credibile (dovette ricorrere anche lui all'ausilio di uno psicologo per “uscire” dal personaggio). In più la somiglianza risulta stupefacente, conside- rando che, tranne un dagherrotipo all'età di diciotto anni, ci sono pervenute immagini di Vincent solo tramite i suoi tanti autoritratti.
Il film acquista intensità di pari passo col ritmo frenetico che caratterizzò il percorso artistico di Vincent, rafforzato da tre elementi fondamentali: la voce fuori campo che legge alcune delle centinaia di lettere che Vincent inviò al fratello Theo (interpretato da James Donald), le immagini dei dipinti originali e una colonna sonora composta da noti brani classici. Ciò che infatti è stato meglio reso da Douglas nella sua interpretazione è la progressiva esaltazione di Vincent, che rende partecipi di sensazioni che sarebbe stato impossibile figurarci dalla pur numerosa e dettagliata letteratura sull'artista.
Ciò vale ancor di più quando Vincent entra in quello stato psicologico che ancor oggi nessuno studioso e storico è riuscito a individuare. Non fu pazzia, come è stato dimostrato, ma uno stato di indefinibile malessere psicologico e nervoso a cui contribuirono molti fattori, tra cui si ipotizza l'intossicazione da Assenzio.
Certo è che la sua pulsione e poi il suo sentire nel corso della creazione gli procuravano quello stato di eccitazione e tensione irrefrenabili, che essi soli avrebbero potuto fargli raggiungere così alte vette artistiche. E con questa considerazione ultima, quanto Douglas è riuscito a trasmetterci lo fa grande senza mezzi termini. "...mi alzo all'alba e lavoro all'aperto. Tutto sembra fatto di oro vecchio, bronzo e rame.... Questi colori mi danno un senso di esultanza indescrivibile. Il sole meridionale fa risplendere la terra di giallo limone, giallo zolfo e giallo verde! Ne sono così preso da sentirmi sfrenato, non ho dubbi, non riesco a impormi limiti"
"...lavoro come una locomotiva, divoro colori, riempio tele. Passo giorni interi senza che io parli ad alcuno, e il mio raccoglimento diviene più intenso, la mia mano più sicura. Sento il vigore del colore, e il senso dello spazio e della forza"
"...ma non posso frenarmi, spesso lavoro fino a notte tarda, senza avere più coscienza di me stesso. E i miei dipinti nascono come un in un sogno, seppure con una lucidità spaventosa!"
Così Vincent scriveva al fratello Theo.
Eccellente anche Queen nella parte, anch'essa complessa, di Paul Gauguin, artista in cui convivevano sensibilita' e violenza, che l'artista stesso amava attribuire al lato selvaggio della sua natura.
Se a chi è affascinato dalla figura e dall'arte di Vincent, visitando i suoi luoghi nei dintorni di Arles, con la loro terra rossa, le viti basse, gli olivi contorti, sembra apparire la figura inconfondibile di Vincent che si aggira con il suo cappello di paglia, il cavalletto fissato alla schiena e la sua andatura un po' goffa, è perché ha visto Lust for life, Brama di vivere.

 
   
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