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Un’amicizia: Moïse e Amedeo
di Nathalie Wiener
Un legame più profondo e significativo di quello che legò Moïse Kisling e Amedeo Modigliani è difficile da immaginare. Ciò che era cominciato con il reciproco rispetto per il talento artistico e la visione dell’altro ben presto trascese ogni cortesia professionale, per evolvere verso un’amicizia cementata, innegabilmente, da un comune retaggio e dal desiderio di esprimere una grande arte. Quando Modigliani arriva a Parigi per la prima volta, è Kisling che lo aiuta a inserirsi tra quei pittori dell’avanguardia che renderanno Montparnasse immortale negli annali della storia dell’arte: Picasso, Léger, Matisse, Soutine, Derain, Chagall, Foujita, Brâncus ̧i e Rivera sono soltanto alcuni degli artisti che si stanno facendo strada in questo dinamico e culturalmente variegato XIV Arrondissement. Montparnasse promuove l’originalità, allargando così ogni possibile confine sociale, cosa immensamente attraente per i giovani bohémien, che si oppongono alla vita borghese e provano a ridefinire norme e valori artistici. È qui che Kisling e Modigliani esploreranno e svilupperanno il proprio talento, trovando ispirazione reciproca, lontano dalle costrizioni dei piccoli villaggi shtetl e dalle tradizioni delle loro terre natie.
Le opere fin qui descritte hanno tutte la stessa provenienza, e cioè la collezione di Léopold Zborowski, il famoso mercante d’arte che rappresentava entrambi gli artisti. Kisling aiuta Modigliani ancora una volta, presentandolo a Zborowski e spingendo quest’ultimo a rappresentare l’amico (Zborowski promuoveva, tra gli altri, vari artisti emergenti dell’epoca, come Soutine, Utrillo, Derain e Chagall). Zborowski non ha però solamente il ruolo del mercante d’arte (benché, naturalmente, si occupi di organizzare mostre e gestire le vendite per conto dei due artisti), ma è anche un premuroso amico: lui e sua moglie Hanka spesso forniscono materiale, modelli, e in certi momenti anche uno stipendio ai due, così che la loro concentrazione non si disperda. Di fatto, spesso (e comprensibilmente) gli artisti si lasciano sedurre dalle distrazioni della decadente e viziosa Parigi, con i suoi caffè e cabaret. Secondo la biografia di Modigliani di Pierre Sichel, Kisling era “meno irascibile di Modì... ma correva dietro alle ragazze, beveva, andava alle feste e gli piaceva divertirsi. La sua esuberanza e i suoi gesti grandiosi lo facevano amare molto da Modigliani.” Queste tentazioni sono una spina nel fianco per Zborowski il quale, insieme a Hanka, persona con la testa sulle spalle, spesso si trova a dover tenere sotto controllo la vita personale dei due artisti. E si può facilemente immaginare che il fatto che i due alloggino sotto lo stesso tetto con molti degli artisti rappresentati dalla coppia di galleristi – in rue Joseph Bara – possa servire ad agevolare il compito.
Madame Zborowska è anche soggetto di molti disegni e dipinti di Modigliani, e pur presentata nella tradizionale foggia modiglianesca – lineamenti asimmetrici su un viso e un collo esageratamente allungati –, mantiene un portamento austero, così come quello del ritratto di Kisling appena descritto. Una volta Modigliani affermò: “Quando conoscerò la tua anima, allora dipingerò i tuoi occhi.”
In Kiki’s Paris, Billy Klûver e Julie Martin descrivono un Kisling che “voleva che la vita fosse bella, e che le donne desiderabili, come Kiki, potessero avere dei desideri e una vita pieni di colore”. Jean Kisling, figlio dell’artista, aggiunge che suo padre “ammirava ferventemente le donne, e si sforzava ambiziosamente di rappresentarne i tratti in modo da rifletterne carattere e personalità”. Quando una volta le fu chiesto che cosa pensasse di Kisling, Kiki rispose: “Te lo dico in un orecchio”. Sul nudo femminile, Modigliani disse a Kisling: “Dipingere una donna è come possederla”: questi sentimenti risultano chiari nella raffigurazione che questi fa, nel 1924, di Kiki de Montparnasse (Buenos Aires, collezione privata), catalogata nel Tomo IV di André Salmon, e la stessa nuova, fresca sensualità emana anche dai ritratti di Kiki a opera di Modigliani, in una liberazione delle forme femminili che va di pari passo con quella, pionieristica, delle donne dell’epoca. La stretta amicizia tra i due artisti si mantiene salda fino alla prematura morte di Modigliani, nel gennaio del 1920: la tubercolosi di cui questi soffre da anni non può che essere aggravata da uno stile di vita poco convenzionale e spesso irresponsabile e, proprio in questo inverno, l’umido e le misere condizioni di vita contribuiscono al brusco e rapido declino. È Kisling a vegliare al capezzale di Modì all’Hôpital de la Charité; devastato dalla morte dell’amico, realizza poche ore dopo la ben nota Maschera mortuaria. Da questo calco in gesso un amico artista, Jacques Lipchitz, realizzerà poi un bronzo, distribuendolo a sua volta a una quindicina di colleghi e amici. Alla tragedia della prematura scomparsa di Modigliani si aggiunge quella dello sconvolgente suicidio di Jeanne Hébuterne, la sua compagna, incinta di nove mesi. La coppia lascia una bambina, che sarà mandata in Italia, per essere cresciuta dalla famiglia di origine del pittore. Secondo il figlio di Kisling, Jean, fu molto probabilmente proprio Kisling a occuparsi del viaggio e a sistemare le cose in modo che la figlioletta di Modì potesse essere accudita a dovere, dopo la terribile prova che aveva passato. Dopo il funerale, di cui si occupa personalmente, Kisling viene avvicinato da Zborowski e da lui incaricato di completare alcune opere lasciate incompiute da Modigliani, in quanto unico a conoscenza delle vere intenzioni dell’artista, e unico capace di finire quanto da lui cominciato. Kisling andrà avanti godendo di una vita piena e costruendosi una brillante carriera, e intanto nella sua opera, a partire dal 1920, abbonderanno i richiami alla pennellata modiglianesca, a riprova della loro complessa, eterna amicizia. |
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