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Un’amicizia: Moïse e Amedeo 


di Nathalie Wiener 



Un legame più profondo e significativo di quello che legò Moïse Kisling e Amedeo Modigliani è difficile da immaginare. Ciò che era cominciato con il reciproco rispetto per il talento artistico e la visione dell’altro ben presto trascese ogni cortesia professionale, per evolvere verso un’amicizia cementata, innegabilmente, da un comune retaggio e dal desiderio di esprimere una grande arte. 

Quando Modigliani arriva a Parigi per la prima volta, è Kisling che lo aiuta a inserirsi tra quei pittori dell’avanguardia che renderanno Montparnasse immortale negli annali della storia dell’arte: Picasso, Léger, Matisse, Soutine, Derain, Chagall, Foujita, Brâncus ̧i e Rivera sono soltanto alcuni degli artisti che si stanno facendo strada in questo dinamico e culturalmente variegato XIV Arrondissement. Montparnasse promuove l’originalità, allargando così ogni possibile confine sociale, cosa 

immensamente attraente per i giovani bohémien, che si oppongono alla vita borghese e provano a ridefinire norme e valori artistici. È qui che Kisling e Modigliani esploreranno e svilupperanno il proprio talento, trovando ispirazione reciproca, lontano dalle costrizioni dei piccoli villaggi shtetl e dalle tradizioni delle loro terre natie.
C’è un gruppo di dipinti che documenta, oltre i meriti artistici dei due artisti, la disinvolta e profonda familiarità del loro rapporto, evidente in primis nelle opere frutto di collaborazione. In L’atelier di Moïse Kisling, opera del 1918 circa ambientata nello studio di Kisling – dove anche Modigliani lavorava spesso –, è chiaro il contributo di ognuno dei due, così come evidente appare la mano diversa: il Nudo accovacciato, e la scultura in pietra calcarea (attualmente al Koninklijk Museum voor Schone Kunsten di Anversa) in primo piano, sono dei classici Modigliani; le nature morte – una pipa, un bicchiere di vino, alcune carte da gioco e, immancabile, un mucchio di pennelli usati di recente – appartengono senza dubbio alla mano di Kisling. Il dipinto rispecchia un’altra collaborazione, sempre intitolata L’atelier di Moïse Kisling e anch’essa del 1918, dove una scultura in pietra calcarea intitolata Testa di donna, 1911- 1912 circa (attualmente presso il museo Solomon R. Guggenheim a New York), è circondata da una serie di materiali da pittura: abbondano oli, pennelli, tinture ed essenze varie, e altri attributi della professione del pittore. La testa è tipica della produzione scultorea del Modigliani del 1912, con le sue linee verticali morbide e pulite, laddove gli altri elementi sono chiaramente un contributo di Kisling. Una terza opera, Natura morta con ritratto di Moïse Kisling dipinto da Modigliani (1918 circa), rappresenta un’ulteriore testimonianza di quanto la collaborazione artistica tra Moïse e Amedeo fosse frequente e solida. 

In bella mostra è un favoloso insieme di frutta e fiori alla maniera di Kisling, con alle spalle un ritratto dell’artista a opera di Modigliani (dipinto nel 1916, e ora al LaM, Lille Métropole Musée d’art moderne di Villeneuve D’Ascq). Queste collaborazioni sono indice non soltanto del livello di reciproco rispetto e dell’influenza tra i due, ma anche di un condiviso impegno nei confronti di un nuovo approccio artistico: possiamo quasi immaginarli, al lavoro gomito a gomito nello studio di Kisling, con passione e determinazione, in un ottimistico allontanamento dal vecchio sistema di valori. Secondo Christian Parisot, studioso di Modigliani, queste sedute rappresentano “... un intimo cenno nel loro perenne dialogare, un nuovo modo di far sapere all’altro quanto può esserci di misterioso nell’interpretazione e nell’attenzione al soggetto.” In questa età dell’oro di Montparnasse ogni forma di espressione artistica è consentita, così Kisling e Modigliani cavalcano l’onda del ritmo di novità che cambierà per sempre il corso dell’arte del XX secolo. 

Le opere fin qui descritte hanno tutte la stessa provenienza, e cioè la collezione di Léopold Zborowski, il famoso mercante d’arte che rappresentava entrambi gli artisti. Kisling aiuta Modigliani ancora una volta, presentandolo a Zborowski e spingendo quest’ultimo a rappresentare l’amico (Zborowski promuoveva, tra gli altri, vari artisti emergenti dell’epoca, come Soutine, Utrillo, Derain e Chagall). Zborowski non ha però solamente il ruolo del mercante d’arte (benché, naturalmente, si occupi di organizzare mostre e gestire le vendite per conto dei due artisti), ma è anche un premuroso amico: lui e sua moglie Hanka spesso forniscono materiale, modelli, e in certi momenti anche uno stipendio ai due, così che la loro concentrazione non si disperda. Di fatto, spesso (e comprensibilmente) gli artisti si lasciano sedurre dalle distrazioni della decadente e viziosa Parigi, con i suoi caffè e cabaret. Secondo la biografia di Modigliani di Pierre Sichel, Kisling era “meno irascibile di Modì... ma correva dietro alle ragazze, beveva, andava alle feste e gli piaceva divertirsi. La sua esuberanza e i suoi gesti grandiosi lo facevano amare molto da Modigliani.” Queste tentazioni sono una spina nel fianco per Zborowski il quale, insieme a Hanka, persona con la testa sulle spalle, spesso si trova a dover tenere sotto controllo la vita personale dei due artisti. E si può facilemente immaginare che il fatto che i due alloggino sotto lo stesso tetto con molti degli artisti rappresentati dalla coppia di galleristi – in rue Joseph Bara – possa servire ad agevolare il compito. 

Léopold e Hanka vengono raffigurati sia da Kisling sia da Modigliani in varie occasioni. Madame Hanka Zborowska nell’atelier di Moïse Kisling, del 1912 circa, mostra Hanka seduta nel piccolo e accogliente studio di Kisling, in mezzo a un mucchio di lavori en progrès. Kisling la rappresenta con un’espressione pragmatica, e con lo sguardo vigile per cui la donna era nota. Il dipinto in basso a sinistra all’interno dell’opera, firmato Kisling, è un riferimento al tipo di rapporto con Madame Zborowska, quello tra artista e benefattrice: quest’utima viene posta in piena evidenza al centro dell’atelier, chiaro riconoscimento da parte dell’artista dello status e della posizione di autorevolezza che la donna riveste per un pittore di professione. 

Madame Zborowska è anche soggetto di molti disegni e dipinti di Modigliani, e pur presentata nella tradizionale foggia 

modiglianesca – lineamenti asimmetrici su un viso e un collo esageratamente allungati –, mantiene un portamento austero, così come quello del ritratto di Kisling appena descritto. Una volta Modigliani affermò: “Quando conoscerò la tua anima, allora dipingerò i tuoi occhi.”
Dobbiamo supporre, quindi, che quei ritratti di Hanka gli servissero per catturarne l’anima attraverso lo sguardo scuro e fermo? Un’altra donna che ha posato sia per Kisling sia per Modigliani è Kiki de Montparnasse, conosciuta anche come “La Reine de Montparnasse” (titolo conferitole niente di meno che da Ernest Hemingway). Kiki, simbolo degli anneés folles del primo quarto del XX secolo, esplode sulla scena di Montparnasse a soli diciassette anni, dopo una misera infanzia come figlia illegittima a Châtillon-sur-Seine, in Borgogna. Montparnasse viene descritta nelle sue parole come “la terra della libetà”, un luogo dove “tutta la gente del mondo pianta le tende, come una famiglia”. 

Non sorprende, quindi, che la giovane e avventurosa Kiki – il cui status sociale, senza alcuna sua colpa, non era certo rispettabile – trovi accoglienza e sostegno tra gli artisti, poeti, attori e bon vivants che riempiono i caffè (il più frequentato è il Café de la Rotonde) e i cabaret della libera e anticonformista Montparnasse. Lì a Montparnasse, Kiki diviene la preferita della sociatà parigina, e fa da modella a numerosi talenti emergenti: Soutine, Utrillo, Foujita e Man Ray sono solo alcuni tra quanti ne fissano l’immagine nel proprio lavoro. Kiki è per loro musa, eroina, e amante occasionale. Anche Kisling e Modigliani la immortalano in svariati schizzi, disegni e dipinti, catturandone la sensualità schietta e ritraendola in un modo che è insieme diretto e intransigente, e di certo poco dimesso. Ancora una volta, i ritratti che Kisling e Modigliani fanno di Kiki, in particolar modo i nudi sdraiati, si sovrappongono stilisticamente tra loro e trasmettono un approccio interpretativo e raffigurativo comune. 

In Kiki’s Paris, Billy Klûver e Julie Martin descrivono un Kisling che “voleva che la vita fosse bella, e che le donne desiderabili, come Kiki, potessero avere dei desideri e una vita pieni di colore”. Jean Kisling, figlio dell’artista, aggiunge che suo padre “ammirava ferventemente le donne, e si sforzava ambiziosamente di rappresentarne i tratti in modo da rifletterne carattere e personalità”. Quando una volta le fu chiesto che cosa pensasse di Kisling, Kiki rispose: “Te lo dico in un orecchio”. 

Sul nudo femminile, Modigliani disse a Kisling: “Dipingere una donna è come possederla”: questi sentimenti risultano chiari nella raffigurazione che questi fa, nel 1924, di Kiki de Montparnasse (Buenos Aires, collezione privata), catalogata nel Tomo IV di André Salmon, e la stessa nuova, fresca sensualità emana anche dai ritratti di Kiki a opera di Modigliani, in una liberazione delle forme femminili che va di pari passo con quella, pionieristica, delle donne dell’epoca. 

La stretta amicizia tra i due artisti si mantiene salda fino alla prematura morte di Modigliani, nel gennaio del 1920: la tubercolosi di cui questi soffre da anni non può che essere aggravata da uno stile di vita poco convenzionale e spesso irresponsabile e, proprio in questo inverno, l’umido e le misere condizioni di vita contribuiscono al brusco e rapido declino. È Kisling a vegliare al capezzale di Modì all’Hôpital de la Charité; devastato dalla morte dell’amico, realizza poche ore dopo la ben nota Maschera mortuaria. Da questo calco in gesso un amico artista, Jacques Lipchitz, realizzerà poi un bronzo, distribuendolo a sua volta a una quindicina di colleghi e amici. 

Alla tragedia della prematura scomparsa di Modigliani si aggiunge quella dello sconvolgente suicidio di Jeanne Hébuterne, la sua compagna, incinta di nove mesi. La coppia lascia una bambina, che sarà mandata in Italia, per essere cresciuta dalla famiglia di origine del pittore. Secondo il figlio di Kisling, Jean, fu molto probabilmente proprio Kisling a occuparsi del viaggio e a sistemare le cose in modo che la figlioletta di Modì potesse essere accudita a dovere, dopo la terribile prova che aveva passato. Dopo il funerale, di cui si occupa personalmente, Kisling viene avvicinato da Zborowski e da lui incaricato di completare alcune opere lasciate incompiute da Modigliani, in quanto unico a conoscenza delle vere intenzioni dell’artista, e unico capace di finire quanto da lui cominciato. Kisling andrà avanti godendo di una vita piena e costruendosi una brillante carriera, e intanto nella sua opera, a partire dal 1920, abbonderanno i richiami alla pennellata modiglianesca, a riprova della loro complessa, eterna amicizia. 

 
   
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