“...sento ancora il freddo spaventoso dell’Ucraina, e lungo la schiena il brivido di quel giorno che le katjusche fecero sentire il loro urlo sul fiume dei cosacchi...” ( Mario Gandini, parmigiano, ufficiale del Regio Esercito, dalla prefazione alla collana Big Set )
Katjuscha e’ una dolce ragazza russa che sulle rive nebbiose di un fiume manda la sua canzone all’innamorato, su qualche fronte lontano a proteggere la patria. Gli parla degli alberi di pero in fiore e dice che lo aspetterà sempre, affidando le parole all’aquila grigia della steppa. La canzone viene diretta a molti, molti uomini che combattono in quel momento i nazisti su fronti lunghi migliaia di chilometri, otto milioni dei quali non torneranno alle loro compagne e alle loro case.
Mikhail Isakovsky scrive i testi della canzone nel 1938, probabilmente ispirato da un brano di Stravinskij del 1922 composto per l’opera Mavra, riadattato nel 1937 col nome di Chanson Russe.
Con l’Operazione Barbarossa Hitler invade l’Unione Sovietica e pochi giorni dopo, in una scuola di Mosca, le ragazze intonano a centinaia il motivo come addio ai compagni che stanno partendo per affrontare il nemico. I russi, colti impreparati, hanno tra le loro armi un lanciatore di razzi semplice, facile e veloce da produrre in gran numero, molto utile per contenere la terrificante offensiva tedesca. Si rivelerà provvidenziale e sara’ impiegato ovunque combatta l’Armata Rossa, diventando, con il suo caratteristico suono lacerante, causato dalla partenza dei razzi, il terrore dei soldati dell’Asse, presto immersi nella neve e attanagliati dal gelo. Un attrezzo che diviene simbolo delle resistenza contro l’invasore e a cui viene subito dato il nome della canzone più nostalgica, quella che tutti i russi cantano in quei terribili anni, Katjuscha.
La canzone rimarra’ per sempre un inno patriottico, intonato ad ogni occasione nelle centinaia di città e paesi russi nelle frequenti celebrazioni della vittoria nella Grande Guerra Patriottica.
In Italia il medico ligure Felice Cascione la adatterà alla canzone partigiana Fischia il Vento.
Ancora oggi, per chi si trova a presenziare a quelle manifestazioni, non e’ difficile vedere seriosi ufficiali dell’Armata Rossa commuoversi quando puntualmente viene intonata Katjuscha.